MODELLO
BUGATTI EB110 AMERICA
ANNO
1994
Bugatti EB110 America: perché questa?
Poche auto contemporanee si ricaveranno un posto d’onore nella storia. Non si tratta di insolenza o partigianeria per un’epoca o un marchio specifico. I riferimenti, gli standard o blu chip qualsivoglia del collezionismo d’epoca sono ancora appannaggio di auto di ere selezionate, anni ’50, ’60, ‘70 e anche pre-war e, tra queste, solo alcune occupano le posizioni preferenziali, sia per il grande passato, sia perché i brand a cui afferiscono hanno un passato da protagonisti assoluti e continueranno a rappresentare un’attrattiva importante in futuro. Tra questi, citiamo in primis Ferrari, ma chiaramente non tutte le Ferrari. Seguono Porsche, Alfa Romeo, Maserati, Lamborghini, Mercedes, Bugatti, Jaguar, Aston Martin. Tutti brand che si sono distinti in epoche ben precise, o che hanno avuto più continuità di risultati, conquistando spesso l’alloro del vincitore sia nelle corse, sia nello stile, sia nel definire ed influenzare stili di vita.
Jaguar e Aston Martin ad esempio, stanno puntando su nuove gamme di auto sempre più moderne, ma non soltanto accostano a questa una strategia volta a far provare ai clienti le emozioni che si provavano guidando auto leggendarie, che hanno scritto pagine importanti di storia del Motorsport. Dare continuità alla propria storia, in particolare presso le generazioni dei più giovani, rinverdire la memoria dei tempi eroici delle corse e guardare contemporaneamente al futuro. Trattasi del programma cosiddetto “Continuation” per cui ad esempio, Jaguar ha riprodotto le vetture storiche C-type e D-type in un numero ridotto di pezzi (ca. 25 unità) in chiave moderna. Aston Martin sta eseguendo una strategia similare, dando la possibilità anche di sostituire i motori a scoppio originali (sempre più preziosi) dei propri modelli d’epoca, con motori elettrici senza dover intervenire drasticamente su telaio e meccanica e comunque secondo una soluzione totalmente reversibile del powertrain. Ciò consentirebbe di usare le auto d’epoca anche in un contesto urbano in cui vi fossero limitazioni alla circolazione per vetture dotate di motore termico. Un occhio al passato con uno sguardo al futuro.
E la Bugatti? Diversamente dalla Ferrari, non ha avuto le stesse fortune e la sua esistenza è stata indissolubilmente legata alle vicende di Ettore Bugatti e della sua famiglia. Terminata la produzione di vetture stradali nel lontano 1953, nel 1987 l’imprenditore Romano Artioli acquisisce il marchio dallo Stato francese e la Bugatti torna a produrre automobili dopo poco meno di 40 anni. Gli anni ’90 sono stati relativamente avari di novità rispetto ad altre decadi più fervide e creative. Eppure, anche in questo periodo si sono avute delle protagoniste. In particolare, ce n’è una rimasta a lungo nell’ombra, nonostante i suoi molteplici contenuti avveniristici. Si tratta della Bugatti EB110. La vettura prese il nome dalle iniziali del fondatore Ettore Bugatti e dal centodecimo anniversario della sua nascita. Un’auto a lungo dimenticata essenzialmente a causa del fallimento societario della stessa Bugatti Automobili SpA avvenuto nel 1995.
Non ci si sofferma in questa sede sulle vicende che hanno portato a questo epilogo (che non comporterà tuttavia una nuova fine per la Bugatti), ma sicuramente il potere mediatico di questa notizia influì in maniera decisiva nell’indirizzare il destino di un’automobile molto più che valida alle catene dell’oblio, da cui non sembrava se ne potesse liberare. In suo aiuto è giunta la stessa Bugatti, ovvero l’odierna Bugatti Automobiles SAS. In occasione del centodecimo anniversario dalla sua fondazione, La Marque ha riconosciuto la Bugatti Automobili SpA come parte integrante della propria eredità culturale e produttiva così come il ruolo essenziale giocato dall’imprenditore Romano Artioli per la rinascita di un marchio che non esisteva più come brand automotive già da diversi decenni. In altre parole, senza Artioli e la Bugatti Automobili SpA, non ci sarebbe oggi una rediviva Bugatti.
Non c’è dubbio sulla valenza rivoluzionaria del contributo motoristico, telaistico e tecnico in generale della Bugatti EB110. Sul suo stile si possono esprimere pareri soggettivi, ma non si può dire che le sue forme sinuose e arrotondate anche se marcatamente sportive, non appartengano agli stilemi de La Marque, con quella piccola calandra a ferro di cavallo a testimonianza del suo sangue blu, dell’appartenenza all’aristocrazia dell’automobilismo sportivo. Come tutte le Bugatti che hanno fatto la storia, è stata innovativa al punto che ha definito implicitamente lo standard di progettazione delle hypercar stradali per gli anni a venire. A 30 anni dalla sua presentazione, ne sono una chiara dimostrazione ad esempio la BMW i8, vettura ibrida plug-in dotata di un telaio “shell” in fibra di carbonio, oppure la più recente creazione di Maserati, la MC20, dotata di un telaio monoscocca sempre in carbonio concepito dalla Dallara secondo gli schemi della sua celebre vasca. La distorsione sui contenuti prodotta da notizie non sempre accurate o complete, troppo incentrate su temi accattivanti del momento, piuttosto che sui contenuti di prodotto, hanno di fatto portato a ricordare la EB110 come “The Forgotten Supercar”. Un destino certamente amaro. Ci sono voluti quasi 25 anni dal 1995, anno del fallimento della Bugatti Automobili SpA, perché si ponesse rimedio a questo errore e si comprendesse e si divulgasse la verità storica che la Bugatti EB110 sia stata in realtà l’iniziatrice di un nuovo modo di pensare l’automobile stradale ad alte prestazioni, la capostipite di una nuova stirpe innovativa di hypercar. Si può ragionevolmente ritenere una fortuna che le cose siano andate così. Infatti, a dispetto della notevole quantità di tempo trascorsa, le cose sarebbero potute rimanere immutate. Il centodecimo anniversario della Bugatti è stato contemporaneamente il momento della celebrazione della continuità storica de La Marque e della restituzione della EB110 al ruolo che le compete di diritto nell’industria Automotive.
Tra tutte le EB110, spicca la storia di una “Factory car” del 1994, una SS (Sport Stradale) ovvero una versione migliorata, alleggerita e potenziata. Più agile e veloce della precedente generazione, la GT. Il numero di telaio termina con 39025. È un’auto molto particolare, perché si tratta di uno dei pochissimi prototipi completati per il mercato americano, assemblato nel rispetto delle rigorose normative a stelle e strisce, tant’è ad esempio, che il numero di telaio o VIN appare sul parabrezza sull’angolo basso, lato guida, in ossequio alle leggi federali americane in materia di omologazione di automobili.
Nel 1994 la Bugatti Automobili SpA si appresta ad approdare sul mercato americano soprattutto grazie alla rete distribuzione Lotus, da poco acquisita da Romano Artioli. Partendo dalla gamma SS, viene impostato questo prototipo. Il motore viene adeguato all’uso stradale negli USA. Per questa ragione non è né un GT, né un SS; si tratta di un America. Il modello Sport Stradale è la prima versione ad essere adattata per il mercato nordamericano. Le modifiche sono numerose e comprendono la struttura e le parti di collisione. Il muso della vettura viene rivisto per rispondere agli standard di sicurezza statunitensi, con modifiche sul telaio. Esteticamente, questo si traduce in un logo Bugatti posizionato più in alto sul muso, in posizione centrale appena sotto i fari, su un pannello sottile che corre trasversalmente sulla carrozzeria.
Lo spoiler viene modificato, complessivamente il suo aspetto appare più fluido rispetto alla versione europea dove la sensazione è di un oggetto applicato in maniera meno armoniosa.
La vettura telaio 39025, nata al tempo di colore grigio chiaro viene presentata al pubblico americano durante il Concorso Italiano del 1994 a Monterey e vince il trofeo “People’s Choice”. All’inizio del 1995, la stessa è la protagonista del Chicago Auto Show che si tiene nella prima metà di febbraio. Quando l’auto rientra dagli USA al termine del suo Press Tour di indubbio successo, Romano Artioli decise di tenere per sé l’auto che simbolicamente rappresentava il salto di qualità atteso per la Bugatti sul mercato più importante del mondo. Artioli amava il brand Bugatti con una passione molto profonda e una Bugatti “pur sang” non avrebbe potuto che essere blu. Decise quindi, di affidare ad una delle carrozzerie più rinomate al mondo il compito di riverniciare l’auto. Sarà Andrea Zagato a dare alla 39025 la livrea Blu Bugatti che ancora oggi la veste in originale. Questo pantone di blu è unico e rappresenta la quintessenza del sangue blu Bugatti. La 39025 diventa quindi, “La macchina del Presidente”. Artioli conserverà a lungo la 39025 presso lo show-room Zagato a Milano, insieme a vari prototipi che hanno reso la carrozzeria così ricercata.
Fino al 2013 la macchina resterà nell’Atelier di Zagato fino a quando Artioli prenderà la dolorosa decisione di separarsene, per far fronte a nuovi progetti imprenditoriali. La 39025 viene messa quindi all’asta ed aggiudicata a Gregor Fisken, che la conserverà avendo cura di mantenerla in maniera accurata.
La Bugatti EB110 rappresenta un’avanguardia assoluta nel panorama dell’automobilismo sportivo degli anni ’90, innovativa in quanto prima sportiva stradale ad essere dotata di un telaio a vasca in fibra di carbonio realizzato in collaborazione con la francese Aérospatiale, quando nessuna casa automobilistica aveva ancora l’esperienza necessaria per affrontare una progettualità del genere. È stata la prima hypercar ad impiegare la trazione integrale permanente con un handling eccezionale, molto superiore a quello di ogni altra concorrente dell’epoca. Il suo motore 3500 cc, 12V è dotato di 5 valvole per cilindro e 4 turbo. Un motore raffinato e sofisticato, che sviluppava ca 610 HP nella versione SS. Le sue prestazioni parlano per lei: 3.2 sec da 0-100km/h, la più rapida in assoluto all’epoca e 351 km/h, la più veloce. Il suo record sul giro di 7,44 minuti sulla Nordschleife nel 1993 è stato eguagliato soltanto nel 2002. Questi sono risultati che accomunano le EB110 tra loro, specie nella versione SS. Questa vettura in particolare però, ha degli atout che sono sua unica prerogativa.
È stata l’auto che ha decretato l’apprezzamento a livello globale della EB110 con i titoli vinti durante il Tour negli USA, raccogliendo i consensi del pubblico americano dopo avere già riscosso successo in Europa.
Soprattutto, è stata l’auto personale di Romano Artioli, il visionario a cui va il riconoscimento di avere riportato in vita uno dei brand Automotive che pareva ormai consegnato alla Storia, destinato ai soli ricordi e alle sabbie del tempo per un contribuito sostanziale allo sviluppo tecnologico dell’industria, grazie alla partecipazione alle competizioni, suffragato dalle vittorie ottenute sotto la guida di Ettore Bugatti attraverso il XX° secolo, ma interrottosi bruscamente poco dopo il secondo dopo guerra.
Icona di stile e del lusso associato all’auto da corsa, il marchio Bugatti viene prima restituito alla vita da Romano Artioli con una creazione che si dimostra un vero e proprio “Point Break” con il passato in materia di concezione, ingegnerizzazione e sviluppo di un’auto ad alte prestazioni e poi salvato da una nuova “débacle” finanziaria grazie ad un’opera di salvataggio intrapresa dallo stesso Artioli. Con ferma determinazione, Artioli renderà partecipe di questo piano nientemeno che Ferdinand Piëch, personaggio altrettanto iconico il cui nome è legato sia ai fasti sportivi della Porsche, sia alla gestione manageriale del Gruppo Volkswagen. Il grande imprenditore austriaco, che fu un visionario a propria volta, credette nei contenuti della EB110 e che essi potessero costituire la base da cui partire per garantire un futuro alla Bugatti. Rilevò così il marchio e lo mise sotto “l’ala protettiva” della Volkswagen. L’obiettivo di Artioli fu compiuto, sebbene con un epilogo diverso da come se lo era immaginato. La Bugatti sopravvisse e così è ancora oggi. Nel 2019 la Bugatti Automobiles ha dedicato alla EB110 un modello evocativo, la Centodieci, in occasione del 110° anniversario de La Marque. Un riconoscimento nei confronti di questo modello e dell’uomo a cui se ne deve la genesi. In conclusione, la vettura di cui qui si discorre è la testimone esclusiva di una Ownership la cui valenza storica trascende i canoni di valutazione tipici per cui si dà peso a questo parametro in seno ad un’auto d’epoca. Senza esagerare, si può parlare in questo caso della “Ownership definitiva”, perché alla luce di quanto appena menzionato non può esserci stata una proprietà di maggiore caratura per una EB110. Ciò che aggiunge unicità a rarità nel contesto di una storia imprenditoriale di straordinaria intensità e coraggio, che non trova una triste e arrendevole conclusione con un fallimento, ma procede floridamente nel futuro con nuovo vigore e rinnovata forza. Nel novero delle imprese umane conosciute all’opinione pubblica, si attaglia perfettamente la citazione di Winston Churchill: “Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti”. Una parte essenziale di questa storia appartiene certamente alla EB110 America telaio 39025 vestita del più autentico Blu Bugatti.
Storia e caratteristiche
La creazione della EB110 è l’espressione di un assoluto. La versione Sport Stradale rappresenta la frontiera competitiva di questo “assoluto”. La EB110 Sport Stradale è una versione leggera della EB110 che, con 611 PS di potenza pura, è progettata per gli appassionati che desiderano le massime prestazioni dalla vettura pur conservando comfort e sicurezza. Alcune caratteristiche sono state escluse o sostituite, per esempio alcuni elementi della carrozzeria sono in fibra di carbonio mentre alcuni componenti meccanici del motore e della trasmissione sono realizzati in magnesio e titanio. La Sport Stradale vanta prestazioni elevate e una guida emozionante, offrendo tutte le soluzioni tecniche che permettono una sostanziale riduzione del peso combinata con un impressionante aumento della potenza del motore. La EB110 Sport Stradale, si qualifica come una delle auto di serie più veloci del mondo con un tempo 0-100 km/h di soli 3,26 secondi e una velocità massima ufficialmente omologata a 355 km/h.
Photographer: Gabriele Spalluto